– Il Buddhismo delle origini
Il Buddhismo è la più originale scuola di pensiero che la storia della filosofia abbia prodotto: nel VI sec. a.C. viene elaborata una visione della realtà molto simile al pensiero scientifico più evoluto, in una sintesi di logica, psicologia ed etica. (Molto simile al moderno evoluzionismo creativo di Henri Bergson, Parigi 1859-1941).
I principi fondamentali del Buddhismo antico sono in grado di comporre e risolvere il conflitto fra scienza e fede, rimanendo sempre molto attento ai bisogni pratici dell’essere umano.
Il personaggio storico del Buddha conquistò i cuori degli uomini e delle donne dell’epoca:
- con la serenità e gentilezza del suo volto;
- con la dignità e la bellezza del suo agire;
- con la serietà e l’entusiasmo del suo amore;
- con la saggezza e l’eloquenza della sua parola.
E in punto di morte, le sue ultime parole furono: “E ora fratelli, vi lascio. Tutti i costituenti dell’essere sono transitori. Applicatevi con diligenza alla vostra salvezza.”
– L’originario insegnamento del Buddha
La gente dell’epoca era diventata indifferente alle reali e naturali conseguenze delle scorrettezze commesse, cioè dei reati morali (i peccati), e questo perché erano percepite non come offese contro la natura e contro le persone, ma come offese contro Dio e, in quanto tali, potevano essere solo da lui perdonate attraverso qualche rito o, in alternativa, dai suoi rappresentanti in terra che erano i sacerdoti. Questo stato di anarchia del pensiero stava trascinando gli uomini verso l’anarchia della morale.
Tutto ciò portava a una separazione fra la vita e la religione, fra il profano e il sacro, fra il mondo e Dio, fra la mente e il cuore.
Quanto danno è stato fatto da una fede irrazionale e superstiziosa, per aver confuso la religione con l’etica. Per non aver mantenuto un sano legame fra religione ed etica, sapendo distinguere il campo delle loro diverse funzioni, che sono, per la religione, di scaldare il cuore e per l’etica di portare il bello, il vero e l’armonia della natura nelle relazioni fra uomini.
Sappiamo,addirittura, che gli insegnamenti contenuti in certi libri cosiddetti “sapienziali” sono pieni di violenza gratuita e di richieste di sacrifici insensati. Con comandi nei quali è bandita ogni scintilla di spiritualità. L’etica, cioè la legge naturale, viene sconvolta da simili ordini impartiti da un ente supremo. E non mi si venga a dire che bisogna interpretare correttamente questi brani, in quanto chiunque li legga, comune mortale o sacerdote, li interpreterà come può, a seconda della propria struttura mentale e del proprio grado di elevazione spirituale. Sono brani che non dovrebbero esistere in libri che vorrebbero educare all’amore e al rispetto degli altri.
Anche all’epoca del Buddha c’era bisogno di indicare alle masse una via etica di salvezza dalla dilagante ignoranza, dall’egoismo e dalla sofferenza ed egli sentì che il mondo sarebbe stato migliore se la legge naturale, cioè l’etica, avesse trionfato sui dogmi, se l’amore e il pensiero razionale fossero più radicati e più forti di qualsiasi suggestione soprannaturale.
Egli insegnò e sostenne che ogni uomo poteva trovare la salvezza senza alcuna mediazione dei sacerdoti e senza far riferimento ad alcun dio.
Che bisognava ripristinare la dignità della natura umana, il rispetto verso la natura ed elevare il tono della moralità.
Il Buddha diceva:
- “Gli elementi della realtà hanno la mente come principio, hanno la mente come elemento essenziale e sono costituiti di mente …”
- “E’ da insensati credere che un altro possa essere la causa della nostra felicità o della nostra sofferenza”.
- “Non è ciò che entra nell’uomo ciò che lo contamina, ma ciò che da lui esce”.
- “L’ira, lo stordimento, l’inganno e l’invidia; queste costituiscono le impurità dell’uomo, non il mangiar carne”.
- “L’odio cessa con l’amore, l’ira cessa con la gentilezza”.
- “Nascondi le tue buone opere e chiedi perdono per le tue colpe”.
L’universalità e l’inalterabilità della legge naturale fu il nocciolo del suo pensiero. A tal punto che, al termine dei suoi quarantacinque anni di insegnamento, questo concetto era ormai diventato, per l’indiano medio, una credenza profondamente interiorizzata, un atto di fede. Era ormai percepito come inscindibile dalla stessa natura umana, un sorta di moto istintivo.
La legge naturale e morale, cioè l’etica, è l’evidente espressione della verità, cioè della realtà delle cose. La loro realtà è il “vero” e le nostre sofferenze derivano dall’ignoranza e dalla non accettazione di questo”vero”, di queste verità. “Vero” che discende dalle fondamentali leggi universali della natura: la Legge di causazione, cioè la legge di causa-effetto, e la legge del Dharma o dell’ordine cosmico, o dell’armonia universale.
Il “vero”, il “bello” e il “bene” vanno cercati all’interno del mondo e non c’è bisogno di alcun Dio per la spiegazione della loro esistenza. Una posizione critica, è vero, quella del Buddha, ma mai scettica e tantomeno irrispettosa, anche perché, in tutto il suo lavoro di riforma è comunque implicita l’accettazione dell’esistenza di un Supremo Ente, anche se questo non può essere oggetto di dimostrazione logica e pertanto non se ne può in alcun modo discutere. Il Buddha, infatti, accetta gli insegnamenti delle Upanishad ma rifiuta la divinità degli dèi e, conseguentemente, l’autorità dei Veda in quanto letteratura deista. Questa sua presa di posizione caratterizzerà il Buddhismo, assieme al Jainismo, per i secoli a venire, come filosofie non ortodosse dell’India.
Egli affermò che il superamento della sofferenza si ottiene con il “perfezionamento del carattere” e con la “devozione al bene”, orientando la volontà sulla trasformazione interiore del cuore e sull’autodisciplina.
La dottrina del Buddha si basa sul “Vieni a vedere con i tuoi occhi”, perché il regno dell’ordine e il mondo dell’esperienza non si basa sul sentito dire. E’ solo così che l’uomo può diventare libero: utilizzando i mezzi che ha dentro di sé e che sono illimitati, senza ricorrere a interferenze esterne e senza abbandonarsi a vane speculazioni metafisiche.
Diceva: “Se un uomo vede le cose così come esse sono in realtà, smetterà di inseguire i fantasmi e aderirà alla grande realtà del bene”.
Per spiegare questo percorso il Buddha elaborerà una profonda analisi psicologica di grande sottigliezza, che, partendo dal concetto di Dharma, si articolerà in una serie di alti insegnamenti che si articoleranno in ben 250 precetti della disciplina.
Si ribadisce che tutto il pensiero del Buddhismo antico poggia su tre caratteristiche di rilievo:
- la serietà etica;
- l’assenza di suggestioni teologiche;
- la sospensione di qualsivoglia speculazione metafisica.
Śākyamuni, che significa “l’asceta silenzioso dei Śakia”, il Buddha, visse nel VI sec. a.C., molto probabilmente dal 563 al 483 a.C.
Sul Buddhismo, di cui si parla molto anche in Occidente, desidero solo aggiungere che gli studiosi più accreditati ritengono sia una delle più originali scuole di pensiero che la storia della filosofia abbia mai prodotto. Il Buddhismo antico in particolare, sia nelle idee che nello spirito, è decisamente vicino al pensiero scientifico moderno e non è, invece, da assoggettare a una religione, come alcuni erroneamente credono, poiché rifugge da qualsiasi disquisizione metafisica, da tutto ciò che non sia squisitamente reale, logicamente verificabile e rispondente ai più alti valori della vita.